Volere è potere. Davvero.
Compiangersi crea delle barriere fittizie che bloccano come veri muri in cemento armato.
Dopo avere sentito la storia di Juan Diego Puerta Lopez, noto regista e coreografo di teatro, non mi intenerisco più per la gente che per pura pigrizia rinuncia ad una vita migliore dicendo di essere impossibilitata ad ottenerla.
Juan è nato in un quartiere popolare di Medellín in Colombia, dove era forte la presenza di Pablo Escobar, il narcotrafficante più spietato della storia. Sanguinario terrorista fautore delle più vaste e sconcertanti stragi, Escobar, grazie ad una politica di corruzione e intimidazione basata sulla sua efficace strategia nota come “plata o plomo” (o accetti i soldi o muori), era diventato ricco e potente, e per accattivarsi il sostegno della popolazione povera, elargiva doni, denaro, costruiva scuole, ospedali e stadi, venendo così mitizzato e protetto dalla popolazione più disagiata.
Quando sei davvero disperato, i sani principi si intorpidiscono.
Juan mi racconta che tutti i suoi amici di infanzia hanno cercato guadagno facile lavorando per lui, trovando la morte poco più che adolescenti.
La famiglia di Juan non ha barattato la dignità con il denaro. Ha stretto la cinghia e sperato in momenti migliori. Al giovane Juan, questa chiusura dal mondo esterno, ha giovato perché ha aumentato esponenzialmente la sua fantasia. Un vero regista di teatro deve conoscere la vera disperazione per poterla narrare.
Juan ha mantenuto l’integrità che lo ha reso oggi un uomo profondamente buono e disponibile. Ho frequentato alcuni suoi corsi, ed è davvero eccezionale. Tecnicamente molto preparato ed umanamente molto presente.
La sua sensibilità per l’arte lo portò a partecipare, all’età di 14 anni, ad un provino di teatro per un regista brasiliano. Fu l’unico a presentarsi e per questo scelto come attore.
Il lavoro fu presentato ad un festival e vinse il terzo posto. Il premio consisteva in un buono per un pollo ed una bottiglia di “aguardiente” (liquore tipico colombiano). Fu li che scoprì che con il teatro ci si poteva sfamare. Questo fu un ulteriore incentivo ad investire tutte le sue forze nella recitazione.
Studiò forsennatamente recitazione alla “Escuela Popular de Artes de Medellín” e danza contemporanea alla “Academia Superior de Artes de Bogotá” diretta dal maestro Alvaro Restrepo, allenandosi fino a 10 ore al giorno. Dal 1992 al 1994 fece parte dell’organico della compagnia “Ex-Fanfarria Teatro” (fondata dal regista e drammaturgo Jose Manuel Freidel) una delle compagnie più rappresentative del teatro d’avanguardia in Colombia.
Non riuscendo a mantenersi economicamente, il direttore lo ingaggiò come suo assistente.
Il primo lavoro consisteva nell’accendere le 2000 candele in scena nel suo spettacolo, e la sera spegnerle. E lui, per ognuna che accendeva, ripeteva dentro di sé, recitandolo come un mantra, che ce l’avrebbe fatta.
Una volta giunto a Roma, si candidò alla “Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico” e venne accettato come auditore straniero. Non era la sua ambizione, ma questo gli permetteva di avere il permesso di soggiorno, oltre che consentirgli di capire meglio quello che un giorno avrebbe insegnato.
Negli anni successivi ha iniziato un proprio percorso di ricerca coreografica, sperimentando nuovi linguaggi del corpo e mettendo in scena spettacoli di danza contemporanea come ‘Onoff’, ‘Pretexto’, ‘Phrenetic’, ‘Domestika’, concludendo questo percorso con la messa in scena di ‘Carne’, uno spettacolo di Teatro-Danza con il quale ha debuttato al “Festival Dei Due Mondi di Spoleto”. Con questo straordinario spettacolo è riuscito a colpire l’immaginario di pubblico e critica, venendo collocato tra i più interessanti e innovativi artisti del panorama contemporaneo.
La sua escalation è stata vertiginosa. Credendo fortemente in sé stesso e facendo sacrifici, può oggi vantare di essere arrivato a collaborare con nomi del calibro di Kerry Kennedy, Ariel Dorfman, Federico Restrepo, Enrico Lo Verso, Monica Guerritore, Giuliano Sangiorgi, Claudio Santamaria, Filippo Nigro, Fernando Zapata.
La sua audace scelta di non cadere nelle grinfie di Escobar, lo ha premiato con la vita, dato che tutti i suoi amici di infanzia che hanno lavorato per Escobar sono già morti. Ma oltre questo, riesce a regalare gioia con i suoi corsi ed i suoi spettacoli.
All’ultimo suo corso al quale ho partecipato, ci ha salutato dicendo di individuare i nostri limiti e sfidarli. Non adagiarsi all’interno del recinto di quello che ci viene facile fare, ma valicare il limite.