La Bioterapia Nutrizionale spiegata da Fabio Ingaldo

E se potessimo curarci senza medicine chimiche?

Se bastasse sapere quali alimenti mangiare e non mangiare per prevenire infiammazioni, dolori e malattie?

Questo è quello che avviene con la Bioterapia Nutrizionale.

La Bioterapia Nutrizionale è quanto di individuale si possa immaginare come prescrizione alimentare.

Addirittura, la prescrizione dietetica è continuamente mutevole, a seconda della risposta dell’organismo, per cui non esistono schemi di base, ma è fondamentale comprendere il quadro fisiopatologico dal quale si parte, monitorare con i dati di laboratorio i sintomi soggettivi del paziente e i dati oggettivi semeiologici, e quindi adattare, a volte giornalmente, e qualche volta ora per ora, l’indicazione alimentare per guidare l’organismo nella direzione voluta.

Viviamo una filosofia medica che tende continuamente a risolvere i problemi della patologia andando a sostituirsi a quelle che sono le naturali capacità difensive del sistema vivente.

Ci si dimentica che tutto l’organismo lavora solitamente in funzione della vita e non della morte, per cui il medico è tale quando sa rendersi conto della necessità o meno di somministrare un farmaco, sapendo vigilmente aspettare e sapendo aiutare, senza mai impropriamente sostituire la difesa organica.

Tutto ciò avendo la consapevolezza che esiste una forza riparatrice di base, la cui potenzialità è di gran lunga superiore a tutti i presidi farmacologici orientati a sopprimere i sintomi o a sostituire le difese organiche.

Fabio Ingaldo, dottore in scienze motorie, ha ampliato i suoi studi concentrandosi sulla medicina, la biochimica e la farmacologia.

Da quando ha conosciuto la Bioterapia Nutrizionale, nel corso dei suoi studi presso la Scuola di Osteopatia, ha approfondito i concetti studiando libri di biochimica alimentare e principi di Neuroscienze.

Gli argomenti riportati di seguito sono soprattutto concetti presi dai testi di Bioterapia Nutrizionale.

Tali argomenti sono “le regole” che presenta ai suoi pazienti per garantire una vita sana, propagando conoscenza, funzione e punti deboli del corpo umano, dato che ha come obiettivo far crescere e diffondere la sua filosofia allo scopo di prevenire l’origine delle disfunzioni, educando il paziente ad uno stile di vita equilibrato.

Il suo motto è

Solo la conoscenza è la vera prevenzione contro le malattie”.

In un’unica parola: LIFENESS

 

Tempo addietro ha condiviso con me tali conoscenze e consigliato alcuni testi perché anch’io interessato a migliorare il mio stile di vita anche attraverso l’alimentazione.

Oggi ci spiega come e cosa scegliere:

Che l’alimento sia la tua medicina e la medicina sia il tuo alimento,
ma gli alimenti possono anche diventare veleno”
(Ippocrate)

In Bioterapia Nutrizionale i medici considerano gli alimenti come farmaco.
Quindi con l’aiuto del farmaco-alimento si può cambiare un terreno non in equilibrio.
Il cibo è la prima informazione per tutti i sistemi biologici ed è la base su cui si costituisce la vita.
È il primo impatto che il bambino ha con il mondo esterno, il primo imprinting sia a livello intra che extrafetale.

L’alimento, come tutto quello che viene in contatto con il nostro sistema vivente, per essere utilizzato ed entrare a far parte di noi deve, prima di tutto essere “riconosciuto”, poi destrutturato.

Un alimento introdotto nel tubo digerente viene gestito dal corpo con particolari modalità. Per questo motivo, il destino dei componenti alimentari è legato schematicamente a due fattori:

  1. le caratteristiche chimiche;
  2. il momento fisiologico (ossia lo stato della persona inteso come ciclo ormonale, ad esempio nella donna, o cicli circadiani – notte/giorno -) del corpo.

Questa diversità nell’utilizzo metabolico è più facile osservarla e spiegarla nella ciclicità della donna.

Nella fisiologia femminile, infatti, uno stesso stimolo della tiroide tramite il pesce o altri alimenti ricchi di iodio, nella prima fase del ciclo stimola l’ovaio alla produzione di estrogeni, nella seconda fase del ciclo promuove la produzione di progestinici.

Stessa considerazione vale per i bioritmi circadiani, per i quali alimenti stimolanti la funzione surrenalica (come l’uovo, il sale, le proteine, ecc.), sono ottimali nelle ore del mattino, mentre la sera comportano disturbi del sonno.

Noi Siamo Quello Che Mangiamo

Dopo la cavità orale, la prima stazione di pertinenza del cibo è lo stomaco.
Qui gli alimenti, prevalentemente elaborati dai processi di masticazione, e sottoposti a una predigestione a opera degli enzimi salivari, vengono scissi e indirizzati verso il loro specifico destino metabolico.
Qui ogni alimento ha un suo peculiare percorso digestivo, che bisogna conoscere, per organizzare un’efficace alimentazione nei disturbi e nelle patologie degli organi deputati alla digestione.

L’alcol e gli zuccheri in genere vengono direttamente assorbiti dalla parete dello stomaco e, in pochi secondi, passano nel sangue (transito abbastanza veloce).

Le proteine, invece, devono essere attaccate e destrutturate in molecole più elementari come gli aminoacidi.

I grassi sono le sostanze che più di tutte richiedono una lunga e lenta elaborazione, e quindi necessitano della perfetta funzionalità dei succhi gastrici-pancreatici-epato/biliari.

Poiché ogni alimento che la natura mette a disposizione è sempre un insieme armonico di componenti diversi, bisognerà tenerne conto, associando i cibi in modo da agevolare e aiutare il lavoro dello stomaco, soprattutto nelle patologie.

 

Distinzione tra Fame e Appetito

Fame: sensazione di bisogno primario di cibo per sopravvivere (fisiologico).

Appetito: impulso a nutrirsi per soddisfare un piacere (natura psicologica, influenzata dal pool enzimatico e dai livelli ormonali – Durante le mestruazioni il calo di serotonina spinge alla ricerca della cioccolata -).

Pool enzimatico indotto:

Seguendo i meccanismi che regolano gli enzimi si può affermare che mangiando un alimento in una determinata ora della giornata, si creano enzimi altamente specializzati per quel determinato cibo.

Il giorno successivo alla stessa ora, gli enzimi del nostro organismo richiederanno all’ipotalamo lo stesso cibo per degradarlo.

Tale meccanismo avviene per stimolazione vagale attraverso l’olfatto e il gusto.

Di fatti il “nervo vago” fa parte del sistema nervoso parasimpatico, che è il sistema nervoso autonomo o vegetativo, il quale controlla le funzioni corporee involontarie come:

  • La funzione del battito cardiaco;
  • La respirazione;
  • La digestione.

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Per quanto riguarda l’olfatto, al solo odore del cibo, aumenta la salivazione nella bocca per preparare il nostro organismo a riceverlo.

Il profumo del cibo, tramite il nervo vago, stimola l’asse ipotalamo-ipofisi.
L’ipofisi, a sua volta, è una ghiandola centrale che comanda tutto il sistema endocrino e quindi la produzione degli ormoni, che in questo caso sceglie come organo bersaglio il pancreas, il quale secerne insulina.
Quest’ultima, una volta in circolo, va ad attivare la liposintesi, la produzione di trigliceridi e di grasso corporeo.

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Non è solo l’olfatto a colpire l’ipotalamo.

A creare dipendenza enzimatica è anche il gusto, soprattutto quando le papille gustative riconoscono il sapore di dolce.

Riconoscere il dolce ha la funzione di aiutare l’uomo ad assicurarsi la sopravvivenza.
Infatti, gli alimenti dolci sono ricchi di glucosio, il quale rappresenta il carburante specifico per l’organismo e viene facilmente metabolizzato.

Per questo motivo bisogna porre attenzione a tutti i dolcificanti artificiali e a tutti gli alimenti che li contengono.

Il meccanismo è sempre lo stesso, ma più potenziato dal sapore dolce, che per via vagale, stimola l’asse ipotalamo-ipofisi-pancreas, con conseguente liberazione dell’insulina.

Per sfuggire a questa “dipendenza enzimatica” bisogna variare l’assunzione dei cibi massimo ogni due giorni, in quanto un’alimentazione abitudinaria influenza il comportamento della persona creando una serie di dipendenze o veri e propri disturbi di alimentazione.

Lo Zucchero è Funzione o Disfunzione?

Lo zucchero (saccarosio), che viene estratto sia dalla canna sia dalle barbabietole, risponde alla fisiologica necessità dell’uomo di assumere qualcosa che dia quella gradevolissima sensazione di dolce alle papille gustative.

In Bioterapia Nutrizionale, lo zucchero viene normalmente utilizzato sia per dolcificare (preferendolo certamente ai dolcificanti di sintesi o alla ormai tramontata saccarina, di cui, a distanza di anni, si sono scoperti e dimostrati sia i difetti, sia i danni: nel febbraio 2008 la rivista “Behavioral Neuroscience” ha pubblicato i risultati di una importante ricerca che ha evidenziato come anche i dolcificanti – a basso contenuto calorico – fanno ingrassare.
Gli scienziati sono rimasti perplessi di fronte ai risultati di uno studio condotto sui topi il quale ha mostrato che quelli nutriti con cibi dolcificanti artificialmente aumentavano di peso), sia per potenziare le funzioni di alcuni alimenti.

Purtroppo oggi lo zucchero è impiegato in modo improprio e subdolo, in quanto viene addizionato, spesso senza denunciarlo, a moltissimi alimenti, anche salati (per esempio la maggior parte dei salatini da aperitivo, cracker o pomodori in scatola), per renderli più gradevoli o correggerne l’asprezza.
Pertanto, in questo modo lo zucchero viene assunto inconsapevolmente.
Infatti, sono poche le persone che si prendono la briga di leggere quanto dichiarato sulle confezioni dei vari prodotti industriali acquistati.
Spesso, tuttavia, dopo alcune precisazioni sui componenti principali, troviamo la scritta: “Confezionato a norma di legge”.
Quest’ultima prevede l’aggiunta di determinate sostanze, purché nei quantitativi previsti in percentuale.
In questo modo si rischia di superare la personale soglia di tolleranza, sconfinando nella condizione diabetica, soprattutto quando esiste un rischio per familiarità o di tipo iatrogeno.
Non a caso, oggi si assiste a un aumento esponenziale della patologia diabetica, ormai anche nei bambini della primissima infanzia.

Ma qual è la giusta quantità di zucchero che un individuo può usare?

Non esiste una risposta valida per tutti a questa domanda, in quanto il limite di impiego è strettamente legato alla costituzione, alla familiarità diabetica, alla tolleranza individuale, alla comparsa di patologie virali, all’interazione con l’assunzione di farmaci.

Comunque la dose limite più probabile, per individui che non presentino fattori di rischio o patologie, è quella di 5 cucchiaini, distribuiti nell’arco della giornata.

Esempi di utilizzo di emergenza dello zucchero in Bioterapia Nutrizionale rappresentati dalla flebo orale:

In un bicchiere di acqua si aggiunge un cucchiaio (da cucina) di zucchero disciolto, si beve un sorso ogni 15 minuti in caso di colica epatica.

Nelle forme cefalalgiche da ritenzione di liquidi utilizzeremo 1° fetta di limone, tagliata con tutta la buccia (dopo averla lavata molto bene per liberarla dai trattamenti con difenile), e intrisa di zucchero da ambedue i lati.
Questo presidio terapeutico, se la diagnosi è giusta, farà scomparire la sintomatologia clinica nel giro di 3-4 minuti dall’assunzione, senza gli effetti collaterali delle terapie farmacologiche, in quanto viene attivato il ciclo di Krebs (per l’acido citrico e la vitamina C presenti nel limone) che velocizzando i processi metabolici, accelera l’eliminazione dei cataboliti responsabili della ritenzione idrica; nello stesso tempo, la brevissima iperglicemia indotta dallo zucchero provoca una licosuria di breve durata che facilita l’eliminazione renale dei liquidi e decongestiona il circolo cerebrale.

UTILIZZARE GLI ALIMENTI IN MODO FUNZIONALE, SIGNIFICA CONOSCERE:

  • Gli alimenti;
  • La modalità di cottura;
  • L’associazione degli elementi che ci permette di finalizzare un pasto verso un obiettivo;
  • L’interazione tra l’associazione e il momento fisiologico (considerare ciò che si mangia e come sta la persona in quel momento).

Quando si inizia un percorso dietetico, va posta sempre grande attenzione alla regolazione glicemica.
Infatti se, malgrado la prescrizione di un regime equilibrato, il paziente avverte la necessità di mangiare fuori pasto, significa che la sua glicemia non mantiene un valore costante e, nelle ore di maggiore attività pancreatica (solitamente tra le 10.00 e le 11.00 del mattino, e tra le 17.00 e le 18.00 del pomeriggio), l’eccesso di increzione insulinica provoca un senso di languore associato ad astenia e a una diminuzione dell’attenzione.
Spesso la regolazione della glicemia e, quindi, dell’immissione dell’insulina endogena non perfetta, causata da una mal educazione alimentare, porterà più facilmente a cadute glicemiche.
Questi pazienti, soggetti a cali improvvisi della glicemia, sono spesso in sovrappeso e presentano, o sono predisposti a patologie metaboliche come il diabete.

L’alimentazione nei primi anni di vita stabilisce il numero delle cellule adipose.

Quindi se noi stimoliamo la produzione di insulina nel bambino, determineremo una maggiore predisposizione all’obesità in età adulta.

 

VIA METABOLICA DELL’INSULINA:

  • Alto tasso di glicemia nel sangue (zuccheri);
  • Secrezione insulina (pancreas);
  • Grassi saturi- insaturi;
  • Livelli di colesterolo.

La cellula adiposa, nel suo rivestimento esterno, contiene un numero di recettori che captano molti ormoni bersaglio.

L’insulina apre una saracinesca glucidica e lascia passare il glucosio all’interno come scorta. Ad ogni attivazione di questo processo si riducono i recettori sulla cellula.

L’esaurimento dei recettori porta a lasciare nel torrente ematico l’insulina, causando la non attivazione dell’abbassamento della glicemia nel sangue: ne consegue lo sviluppo del diabete mellito tipo 2 (alimentare).

L’ITALIA DETIENE IL TRISTE PRIMATO DI NUMERO DI BAMBINI IN SOVRAPPESO E OBESI IN EUROPA:

  • 1 SU 4 E’ IN SOVRAPPESO
  • 1 SU 10 E’ OBESO

 

Nel mondo ci sono:

93,5 milioni di bambini che hanno il diabete alimentare (patologia tipica dell’età avanzata);

13,5 milioni di under 17 INSULINO-RESISTENTI;

24 milioni affetti da IPERTENSIONE;

33 milioni da STEATOSI EPATICA (Fegato Grasso) [fonte: Istituto Superiore Della Sanità, UNIVERSITÀ “LA BICOCCA” di MILANO DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA e RICERCA SOCIALE]

La verità sul Sale da Cucina (Na+Cl−)

L’Organizzazione Mondiale Della Sanità (OMS) consiglia un apporto giornaliero pari a 5 grammi di sale.

Il fabbisogno giornaliero di sodio va da 0,1 a 0,6 grammi.

Il sodio naturalmente contenuto negli alimenti sopperisce a questo fabbisogno:

1 grammo di sale da cucina = 0,4 grammi di sodio

Gli Italiani, in media, consumano 14 grammi di sale al giorno.

L’errore che spesso fa cadere il consumatore nell’abuso del sale è semplicemente dato dall’abitudine di dare sapore agli alimenti.

Ma è sempre e solo la “conoscenza l’unica vera medicina” contro ogni disfunzione fisiologica.

Infatti, sapere che l’assorbimento degli zuccheri (glucosio), a sua volta origine di ogni patologia metabolica, a livello intestinale richiede l’intervento di “trasportatori”, cioè proteine che facilitano il passaggio delle molecole di zucchero da una parte all’altra dell’epitelio.
Uno di questi trasportatori che media l’ingresso del glucosio nella cellula, si chiama SGLT1 (Sodium-dependent Glucose co-Trasporter).

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Il glucosio, dall’intestino, per entrare nel sangue ha bisogno di cloruro di sodio.

Più alta sarà la quantità di sodio intorno alla cellula, maggiore saràl’ingresso di glucosio in essa.

Di conseguenza più glucosio nel sangue causerà la secrezione da parte del pancreas di insulina.

La verità sui Prodotti da Forno e Relazione Glicemica

Secondo l’opinione comune dei medici nutrizionisti, l’aumentato consumo di prodotti da forno, addizionati con zuccheri gelatinizzati, è una delle principali cause del notevole aumento del diabete, specialmente giovanile, in quanto questo tipo di amido è molto più velocemente assimilabile, già a partire dall’azione enzimatica delle amilasi salivari.

In pratica, il pane non addizionato di zuccheri solubili diventa un alimento meno aggressivo per la funzione endocrina del pancreas, non perché i suoi carboidrati siano diminuiti, ma perché sono meno utilizzabili dall’organismo per la presenza dei lieviti e delle vitamine del gruppo B; quanto più il pane è fresco, poi, tanto più può disturbare l’equilibrio glicemico di un diabetico, rispetto al pane raffermo (Il pane raffermo è il pane vecchio, o meglio, il pane non più fresco ed indurito. Più precisamente, il pane raffermo possiede una crosta NON più croccante ed apparentemente morbida – per assorbimento dell’acqua interna – mentre la mollica è dura, friabile al tatto.

Per quanto riguarda il pane tostato, la tostatura, se da un lato uccide ulteriormente i lieviti residui, riducendo la possibilità di provocare meteorismo intestinale, dall’altro scinde una quota aggiuntiva di amidi contenuti nel pane, rendendoli ancora più disponibili per gli enzimi digestivi.

Pertanto, anche il pane tostato è un alimento da sconsigliare a chi soffre di disturbi della glicemia.

Il pane secco o la parte secca del pane, la crosta, sono utili nel trattamento della ipercloridria gastrica, perché funzionano da “carta assorbente” sui succhi gastrici in eccesso, dando un netto miglioramento della sintomatologia nei pazienti che ne soffrono.

Gli zuccheri del pane raffermo, molto più inerti metabolicamente, hanno minore possibilità di produrre nello stomaco cataboliti acidi che potrebbero peggiorare la sintomatologia del paziente.

L’importanza dell’Habitat Naturale degli Alimenti

Molto più insidiosi e dannosi sono i trattamenti somministrati quando l’alimento è stato già tolto dal suo habitat naturale, e quindi è metabolicamente rallentato nelle sue capacità di difesa e di eliminazione.

In particolare, l’organismo tollera molto meno tutte quelle manipolazioni a cui vengono sottoposti gli alimenti per essere idonei alla conservazione industriale, come gli antiossidanti, coloranti, antifermentativi, stabilizzanti, conservanti, antibiotici o antimicotici nei prodotti surgelati industrialmente, oppure antiputrefattivi, maturanti, ecc., utilizzati dappertutto e soprattutto nei prodotti ortofrutticoli.

E’ importante saper discriminare all’interno delle offerte pubblicitarie tra bisogni reali e illusori.

Una prima difesa è quella di limitare al massimo, confinandoli solo all’emergenza, tutti gli alimenti trattati industrialmente per favorire la lunga conservazione.

Lo sforzo per tutti noi dovrebbe essere quello di utilizzare gli alimenti quanto più possibile vicini ai tempi di maturazione in cui la natura li propone.

Una seconda difesa è l’uso prolungato o improprio dei farmaci.

Questi sono comunque delle sostanza estranee, rispetto alle quali l’organismo si trova costretto prima a trattenere liquidi per metabolizzarli, poi ad attivare i processi di eliminazione.

Con una corretta alimentazione drenante, in poche ore il corpo ritornerà alle condizioni di partenza.

La Funzione crea l’Organo

La vita è sostanzialmente attività ed è programmata per funzionare in modo dinamico, per cui il sostegno e la stimolazione costante sono una regola fondamentale per ogni distretto organico.

Invece, ogni volta che si usa un tutore dove non serve, l’effetto inevitabile è l’inibizione della funzione fisiologica autonoma dell’organismo.

Se si dimentica, o non si sa mettere in pratica il concetto vitale che “è sempre la funzione che crea l’organo” mai l’inverso, si finirà, infatti, per impedire al corpo di funzionare, aprendo le strade in primis alla disfunzione dello stesso ed in seguito alla malattia.

Uno delle patologie più comuni a carico del sistema enterico è l’eccesso di acidità e gastrite, con una serie di sintomi concomitanti, che possono variare dal bruciore alla pesantezza, dalla pirosi (dolore retro sternale) al reflusso gastro-esofageo con lesioni della mucosa gastrica.

Prendiamo ad esempio un soggetto che soffre proprio di gastrite e iperacidità.

Poiché i medici sono abituati a valutare solo ciò che è misurabile e pensabile, ritenendo veramente patologico solo quello che i sensi e la medicina può documentare, il primo elemento che viene somministrato al paziente, in questi casi, è l’ormai usatissimo gastroprotettore.

Riprendendo l’immagine del tutore, che in questo caso è il farmaco utilizzato, l’effetto che questo farmaco induce è la riduzione dell’acidità dello stomaco che all’inizio darà sicuramente sollievo.

Dato che l’acidità non “funziona” solamente per la degradazione degli alimenti, ma “funziona” anche da tampone per ogni agente patogeno che entra dalla bocca, come risultato, quindi, avremo una doppia disfunzione.

Ne consegue, infatti, una lentezza nella digestione e l’ingresso di batteri come l’helicobacterpylori.

In realtà la malattia inizia sempre molto prima come disturbo funzionale, per trasformarsi, poi, in vera e propria patologia, se non si sanno ascoltare, raccogliere e interpretare i continui messaggi di allarme che il corpo ripetutamente manifesta.

Luoghi Comuni

Un luogo comune, sempre considerando come patologia la gastrite, molto difficile da confutare, è che utilizzare una sostanza alcalina possa risolvere una condizione di iperacidità.

Poiché nello stomaco il Ph è normalmente 2, quando c’è un eccesso di acido si pensa istintivamente che facendolo aumentare con un tampone alcalino (il classico bicchiere di acqua e bicarbonato di sodio), si possa risolvere il problema.

Questa insensata abitudine è responsabile dell’evoluzione verso forme ulcerative patologiche di tanta iperacidità legate, all’inizio, solo a cattive abitudini di igiene alimentare.

Si dimentica troppo spesso che i processi biochimici dell’organismo umano non sono paragonabili a quelli che possiamo osservare in provetta di laboratorio.

Quando il Ph dello stomaco viene violentemente portato da 2 a 7, si ha uno stimolo alla peristalsi, con svuotamento gastrico immediato e conseguente illusorio sollievo del bruciore e dell’acidità.

Le condizioni dell’ambiente gastrico non sono più fisiologiche, in quanto questo è diventato alcalino, per cui le cellule antrali, deputate alla produzione di acido cloridrico, sono stimolate più intensamente, ricreando, e spesso peggiorando, la condizione di partenza.

Una soluzione di emergenza, in questi casi dall’effetto immediato, è quella di utilizzare un alimento molto acido, in piccola quantità.

Infatti, la scelta di un frutto crudo è quanto di peggio si possa fare, in quanto la sua acidità è sempre associata ad una importante percentuale di acqua e di fruttosio.

Quest’ultimo, in ambiente acido, produrrebbe una immediata fermentazione con gonfiore gastrico, pericolo di eruttazione acide e, in ogni caso, aumento del dolore.

Il Limone e la Gastrite

Invece il succo di limone puro, nella quantità di 2-3 cucchiaini, è sufficiente ad aumentare l’acidità dello stomaco quel tanto che basta da provocare una contrazione con svuotamento verso il duodeno, dove i bicarbonati pancreatici provvederanno a tamponare efficacemente il Ph, con la differenza che l’ambiente dello stomaco rimarrà moderatamente acido e le cellule antrali non saranno attivate come nel caso dell’uso del bicarbonato di sodio.

Un organo per funzionare meglio deve essere:

  1. STIMOLATO
  2. SOSTENUTO
  3. RISPETTATO

  

Il Mondo dei Sapori come Criterio Diagnostico

Abituato alle certezze diagnostiche delle analisi di laboratorio e delle indagini strumentali, il medico è oggi disabituato alla ricerca di quelli che sono i segni e sintomi infraclinici, spesso estremamente precisi, di uno stato patologico in via di sviluppo che potrebbe anche non sfociare in una malattia se si riuscissero a comprendere e a instaurare i necessari accorgimenti.

Infatti gli stessi sapori corrispondono a un criterio oggettivo e soggettivo.

  • Oggettivo perché il sapore di un alimento è più o meno uguale a se stesso, variando solo in base a caratteristiche stagionali o di conservazione.
  • Soggettivo, poiché lo stesso alimento può essere percepito con variazioni notevoli di sapore a seconda della condizione organica normale o patologica del soggetto che lo ingerisce.

Avvertire fastidiosamente salato un alimento che, in altri momenti, veniva accettato senza problemi dà al medico un’indicazione immediata di indagine della funzione renale.

Al contrario, una esagerazione soggettiva del sapore dolce indica uno stato di difficoltà pancreatica che deve attrarre attenzione.

Sarà importante, durante la fase di anamnesi, sentire che il soggetto stesso porta la propria diagnosi raccontando della sua inappetenza in un determinato momento per i dolci o viceversa con relativa sensazione di nausea una volta ingerito l’alimento.

La verità sulla Caloria

 “LA CALORIA E’ LA QUANTITÀ DI CALORE NECESSARIA PER ELEVARE DA 14,5° A 15,5° UN LITRO D’ACQUA”.

Il valore calorico di un alimento corrisponde, quindi, alla quantità di calore, espressa in kcalorie per grammo, che è in grado di liberare l’alimento in una combustione a cielo aperto.

Esempio: bruciando 1 grammo di mela disidratata (equivalente a 10 grammi di mela al naturale) la temperatura sale a 4° gradi: è l’aumento corrispondente a 4 kcal.

Quindi 1 grammo di mela =  4 kcal di mela.

La caloria è l’unita di misura dell’energia termica. Il valore calorico di un alimento viene misurato introducendo una quantità di cibo disidratato ed essiccato nel piattino della bomba calorimetra.

L’alimento in questione viene bruciato ed il combustibile che se ne ricava (cioè la fiamma) serve per innalzare la temperatura dell’acqua che circonda il cilindro.

Secondo uno dei principi della termodinamica: l’energia di un sistema termodinamico chiuso non si crea ne’ si distrugge, ma si trasforma, passando da una forma all’altra.

Quindi se prendessimo in considerazione la caloria come elemento essenziale della dieta, a parità di calorie introdotte nel nostro organismo, la metabolizzazione delle stesse porterebbe ad un innalzamento della temperatura corporea in modo esponenziale (bruceremmo come tante stufe).

Non è la quantità ma la qualità di calorie introdotte nell’organismo che promuove il principio di una disfunzione.

Il Corpo Umano, quale Organismo Perfetto, gode invece delle Basi della Biochimica

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La Biochimica studia i componenti chimici degli organismi viventi, i processi con cui questi componenti vengono sintetizzati e demoliti e le modalità attraverso le quali essi danno origine alle funzioni tipiche dei viventi (Siliprandi- Tettamanti, Biochimica Medica, ed. Piccin).

Gli eventi propri degli esseri viventi obbediscono alle regole e alle logiche della chimica.

L’organismo vivente è un sistema ordinato per raggiungere e mantenere l’omeostasi (equilibrio interno) in cui è richiesta continua disponibilità di energia libera.

Si tratta di un sistema aperto all’ambiente esterno dal quale attinge elementi essenziali (acqua e Sali minerali), energia (composti chimici degradabili- cibo) ed ossigeno.

I cibi vengono utilizzati dalle cellule per compiere lavoro (processi metabolici) attraverso la formazione di ATP (AdenosinTriFosfato).

Gipo Ciccone

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Fabio Ingaldo nasce a Bari nel ‘75 e fin dalla giovane età scopre la passione per lo sport cimentandosi in diverse discipline: Nuoto, Pallacanestro, Pallavolo, Tennis, Calcio, Arti Marziali, Snowboard, Atletica Leggera. 

All’età di 25 anni si trasferisce a Torino dove frequenta la Scuola Universitaria di Scienze Motorie. Ad Aprile 2006 consegue la sua prima Laurea con una tesi dal titolo “Attività fisica, stress ossidativo e meccanismi di difesa”, dichiarata “con diritto di stampa”.

Continua la sua esperienza torinese dedicandosi all’insegnamento: Educazione Fisica e Mini Basket nelle scuole elementari e medie, Ginnastica per adulti.

A giugno dello stesso anno si trasferisce a Roma, dove esercita l’attività di Educatore Motorio, di Trainer e Personal Trainer nel campo del fitness e della sala isotonica, presso diversi centri sportivi della capitale.

Nel 2008 diventa Istruttore Polestar Studio Pilates, disciplina di cui approfondisce la conoscenza fino ad essere ancora oggi il cuore della sua attività chinesiologica.

Intanto matura l’interesse per la medicina, la biochimica e la farmacologia, che porta Fabio ad iscriversi alla Scuola di Osteopatia francese C.E.R.D.O., centro di eccellenza in questa specialità.

Nel 2016 consegue il Diploma in Osteopatia con una tesi dal titolo “Effetti del trattamento manipolativo osteopatico sulla stasi venosa sistemica: casi clinici” e approfondisce lo studio della Biochimica e Bioterapia Nutrizionale.

Senza mai abbandonare la sua passione per l’educazione motoria e riscontrando una grande abilità ad interagire con i bambini, mette a frutto le sue doti creative dando vita alla ginnastica “Kross Kids ®”, capace di prevenire e bloccare i paramorfismi tramite attività propriocettive, stimolando udito, vista e tatto con esercizi di motricità e di ginnastica funzionale.  

Oggi Fabio è iscritto al ROI – Registro degli Osteopati Italiani – ed esercita la sua professione di Osteopata, Educatore Motorio, Posturologo e Trainer presso diversi studi di Roma.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Arcari Morini, A. D’ Eugenio, F. Aufiero; Bioterapia Nutrizionale (nutrizione e funzioni organiche); RED 2004.
  1. Arcari Morini, A. D’ Eugenio, F. Aufiero; Il potere farmacologico degli alimenti; RED 2005.