Pompas

È stata nel 2001, appena trasferitomi a Roma, la prima volta che ho sentito parlare di Manuela Pompas.

Ero molto attratto dall’idea della reincarnazione e la mia room-mate mi aveva fatto una panoramica delle sue conoscenze.
Allora cominciai a divorare libri di esoterismo che parlavano di esperienze di regressione ipnotica e, tra tutti, il suo percorso mi hanno particolarmente convinto. Più leggevo, più mi impregnavo di nozioni sulla regressione ipnotica che arrivavano alle vite precedenti che sentivo mie.

Ero fortemente convinto che presto o tardi avrei fatto una regressione ipnotica con Manuela Pompas.
L’occasione si è presentata nel 2008, quando Manuela ha fatto un seminario a Roma.
Si intitolava: “Guarire dalle vite passate”, il 28-29-30 marzo 2008 presso l’associazione Archeus a Trastevere, Roma.

Avevo capito, tramite l’intermediaria della mia intermediaria che il venerdì pomeriggio dalle 15 alle 19 ci sarebbe stata la presentazione del libro “Stress malattia dell’anima”, ed una presentazione generale del seminario, e poi sabato e domenica una full immersion (dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17). Quindi quel venerdì uscii mezz’ora prima dal lavoro ed alle 17 ero in attesa del tram che mi avrebbe portato a Trastevere.
Ero molto emozionato, finalmente conoscevo Manuela Pompas, mio mentore. Immaginavo, mentre aspettavo, che magari domenica, verso la fine del seminario, si sarebbero accorti che c’ero anch’io… quando mi chiama la mia tramite e, chiedendomi dov’ero, mi dice che all’Archeus stavano aspettando me, proprio e solo me. Mi venne l’ansia…

Lì giunto fui invitato dalla intermediaria della mia intermediaria a togliermi giacca e scarpe. Entrai nella sala, erano tutti a cerchio, seduti a terra su dei materassini. Vidi subito la Signora Pompas, l’avrei riconosciuta tra mille. Ero emozionato. Mi scusai per il ritardo. La Pompas mi disse ironicamente che per questo mi sarebbero state inflitte delle pene corporali [ti flagelleremo su dei vetri rotti, ndr] e questo mi mise più a disagio di quant’ero già… ma il tramite del mio tramite spezzò una lancia in mio favore dicendo che avevo lavorato fino a poco prima e che mi ero fatto a velocità supersonica Fiumicino-Roma, dato che lavoravo a Fiumicino. Lady Pompas mi spiegò che il seminario era iniziato alle 15 e che mi ero perso tutta la parte teorica [la presentazione del libro era la sera alle 20,30] e per recuperare/essere punito, avrei dovuto leggere durante la notte almeno cinque libri sull’argomento; ancora colla spada tratta, la “T della T” le disse che comunque io avevo già una buona infarinatura dato che avevo letto tutti i suoi libri. Queste parole facevano eco nelle sue orecchie mentre la Pompas faceva un’espressione di composto compiacimento alla Miranda Priestley in “Il diavolo veste Prada” e allora, con tutta la gentilezza e la pace che la contraddistingue mi invitò a prendere un plaid; ne scelsi uno di un giallo intenso (mio colore preferito – non a caso ce n’erano, avremmo detto noi…) ed integrarmi nel cerchio, e mi accomodai. Avremmo cominciato con qualche esercizio di meditazione e di rilassamento.
Dopo avere saputo che ero un suo estimatore, diventai il suo cocco. Non si risparmiava di accentrare le sue attenzioni su di me. Mi chiese cosa mi avesse portato lì, ed io le risposi che “tanti anni fa mi avevano parlato di lei” “te” mi interruppe
“Filippo, dammi del tu” fu la frase che mi fece letteralmente fiondare nel panico…
per anni ho sperato di solo incontrarla, ed adesso mi parlava, mi spiegava, mi raccontava, pregandomi di darle del tu …ero già quasi in trans!
La cosa fantastica di quei giorni è che mischiava con molta armonia sue esperienze personali, parte teorica, meditazioni, consigli, perle di saggezza… lei si scusava per il fatto che di tanto in tanto si dilungava coi discorsi sulle sue storie personali, ma a me affascinavano, ero lì anche per quello.

Puoi credere o no ai suoi poteri, ce ne sono troppi di ciarlatani in giro, ma è sicuramente una donna di vastissima cultura con decenni di esperienza, ed io, a parte il fatto che credo nei sensitivi e credo che lei lo sia, comunque sto attingendo dalla sua dottrina.

Tutto è relativo. Non esistono certezze. Le uniche che definiamo tali sono solo convenzioni.
Ma c’è l’istinto, l’unico innegabile input che ci instrada nella direzione più coerente con il nostro piano vitale prestabilito.

Nessuno sa cos’è assolutamente certo; si ascoltano e si studiano tante cose, e si fanno proprie quelle che l’istinto ci fa sentire più vicine a noi.

È questa la strada giusta.

Chi è difettoso di questo istinto o chi lo ha debole, ahimè, si uniforma alle convinzioni (/certezze) degli altri.
Nemmeno la morte, che tutti hanno proclamato certezza unica ed assoluta, è da considerare tale, dato che la nostra esistenza è eterna, e la morte fisica è solamente il passaggio da un’esperienza all’altra (ossia da una vita terrena all’altra).
È vero che esiste il karma, la mistica legge di causa ed effetto, perfettamente bilanciata e proporzionata nel suo seminare e raccogliere. Unica, magra consolazione sia nei casi positivi che negativi.
La palesità del convenzionale sta nel fatto che, per comodità, in passato abbiamo attribuito a (quasi) tutto quello che succede ed esiste (parlando di passato, presente e futuro) dei nomi, ma sono fittizi, esempio lampante è che già da nazione a nazione, e spesso addirittura tra regioni, province e/o frazioni, questi stessi cambino.

Sabato 29 marzo 2008.
La prima meditazione è stata di tipo geografico.
Dopo averci fatto rilassare […] ci ha guidato facendo una panoramica sulle principali nazioni della terra..
Ci ha invitato a soffermarci nei luoghi che ci richiamavano alla mente qualcosa o ci attraevano.
Mi aspettavo un forte richiamo sorvolando l’Andalusia (luogo dove sono certo di avere già vissuto), ma nulla.
Sorvolando il nord mi venne chiara l’immagine della persona con la quale ho vissuto la storia d’amore più importante e intensa della mia vita.
Ma quello penso fosse un riflesso condizionato, dato che la sera precedente, prendendo dalla mia libreria la mia copia di “Terapia R” (il mio libro preferito di Manuela Pompas, che m’ero portato dietro sperando che mi ci facesse una dedica) ho trovato le foto più belle di quella relazione, che ho cercato per molto tempo e non trovavo più.
In Arabia Saudita, precisamente in Iran, mi sono visto in un deserto. Ero un beduino. Qui ho voluto affrontare una delle mie fobie paralizzanti.
Arrivati in Tibet ci ha detto che li ci aspettava la nostra guida spirituale. Dovevamo descriverla, sentire cosa avesse da dirci e vedere di cosa ci omaggiava.
Stava muta, seduta accanto a me. Poco prima di dileguarsi, il saggio mi regalò una pietra marrone a forma di ghianda, che io stringevo con intensità nella mia mano destra.
Manuela mi spiegò che la ghianda è un frutto/seme molto importante: raccoglie in sé la forza e la maestà della quercia. “È ora di seminare” mi disse.
Il fatto che la stringessi nella mano destra, indica l’azione.

Altra interessante meditazione è stata un’esperienza di coppia.
L’uno di fronte all’altro dovevamo guardarci negli occhi.
Uno rimaneva passivo: non doveva pensare a nulla, faceva da specchio.
L’altro era la parte attiva: concentrandosi sugli occhi del partner doveva “sentire” chi fosse stato (il partner passivo) in una vita precedente.
Io mi accoppiai con Cristina. [Nella regressione l’unico modo per riconoscere le persone che abbiamo presenti in questa vita sono gli occhi.]

Nella prima prova ha ritrovato le tracce di me come uomo arabo: persiano o siriano. Un bell’uomo con dei bellissimi occhi; vestito di turchese, con un turbante bianco in testa. Dice che ero il leader, ed il mio popolo aveva molta stima di me: ero buono e giusto; e molto rispettato. Vivevo in un bel palazzo. Avevo un figlio, ha 7 anni e si chiamava Amir.
Nella seconda prova ha trovato in me le tracce di una persona molto più umile, ma anche molto sereno. Nord europa, intorno al 1700.
E prima la meditazione geografica, e poi la visualizzazione di “C”, mi confermano la mia profonda convinzione di essere stato un arabo. Io credo di essere stato uno di quelli che è andato a dominare “Azyz, la splendida”: ossia l’attuale Palermo.
Per questo in questa vita sono voluto nascere a Palermo.

Domenica 30 marzo 2008
Come promessomi il giorno prima, dato che la regressione collettiva non aveva funzionato per me ed “A”, ha fatto delle regressioni individuali.
Quindi mi sono posizionato al centro della stanza, sdraiato in posizione supina.
Mi rilassai e seguii le sue indicazioni.
Oltre le indicazioni per rilassare il corpo e le membra, diceva di visualizzare i colori dell’arcobaleno: rosso per i muscoli, arancione per i sensi, blu per una pace interiore, verde per scacciare i cattivi pensieri, giallo per una luce che permea e rilassa, indaco e poi violetto per i sensi più intimi.

 M – Dove sei?

F – nel medio evo, sono a cavallo su una collina e guardo una cittadina, ho un’armatura lucente, sono un cavaliere e sono con dei compagni.

M – sei un guerriero?

F – si, ma non ho mai fatto del male a nessuno

M – vai nella cittadina, sento un bambino che grida

F – sono davanti al portone del castello, entro dentro le mura della cittadina, entro in una locanda, c’è molta gente ma non conosco nessuno. Ora sono davanti al camino, ho tolto l’elmo, ho dei capelli lunghi e castani, una barbetta, non ho neanche 30’anni e c’è una ragazza, tondetta

M – chi è?

F – non lo so, non la riconosco, non la vedo in viso xkè ha una cuffietta che glielo copre

M – scostala e guardala in faccia

F – non ci riesco in nessun modo, io guardo la scena da fuori

M – ispeziona l’ambiente

F –  salgo le scale, c’è un corridoio buio, in fondo una grande finestra aperta e un cielo pieno di stelle

M – ora guarda […]

F –  no, voglio tornare al camino, sono già là, le tolgo la cuffietta, ha dei grandi occhi azzurri

M – la riconosci?

F –  si, è “O”

M – ora vai avanti nel tempo

F – curo il mio cavallo, è bianco, siamo in un campo, ci sono molti morti, hanno sulle armature dei drappi di velluto rosso/bordeaux, sono i miei nemici morti in battaglia, cerco qualcuno

M – chi sono?

F –  mi viene in mente “sassoni”, ma non so se sono io un sassone o lo sono i miei avversari. Ora vado in una casa, è la famiglia di “O” seduta a tavola per mangiare. Sono molto, molto poveri; io sono benestante e porto loro notizie della battaglia, come se cercassi qualcuno per loro, e delle monete d’oro, gli faccio la carità, forse spero di accattivarmi le loro simpatie perché sono molto innamorato di “O”.

M –  vai ancora avanti nel tempo.

F – io e “O” siamo sposati, abbiamo un bambino, e un’orto, penso che lo curi lei, io non credo di essere più un cavaliere. Forse quel bambino che sentivi urlare era nostro figlio

M –  aveva dei riccioli biondi

F – allora era lui, corrisponde alla descrizione.

M –  vai ad un episodio significativo

F – sono al capezzale di un letto, c’è qualcuno che sta male, sta morendo

M –  chi è? Un brivido rapido e intenso ha percorso tutto il mio corpo e mi sono venute le lacrime agli occhi

F – è “O”

M – vai avanti nel tempo

F –  sono nella mia casa, è una casa di legno, sono seduto su una sedia vicino al camino sono solo e molto, molto vecchio; ho una lunga barba bianca

M – cosa c’è in comune con la vita attuale?

F –  “O”

M – cosa porti con te in questa vita attuale di questa esperienza?

F –  un forte senso di armonia interiore

Questo spiega la forte voglia mia e di “O” in questa vita di avere un figlio, e necessariamente maschio. Questo scioglie il nodo irrisolto del figlio che fortemente volevamo e mai avuto. Non dovevamo averlo in questa vita. Avevamo memoria di una vita pregressa.
Qualche mese dopo ho partecipato alla prima comunione di uno dei miei nipoti. Nel ristorante riservato per il rinfresco ero seduto di fronte ad un quadro gigante. Rappresentava la battaglia di Roncisvalle, e raffigurava perfettamente l’mmagine che avevo avuto durante quella regresione. I conti tornano. Sempre.

Tornati dal pranzo Manuela ci ha raccontato alcune esperienze del suo ultimo viaggio in India, soprattutto del fatto che aveva ricevuto per l’ennesima volta il Diksha (corrispondente indiano del Reiki giapponese o dello Spirito Santo cristiano).
Ci ha fatto mettere nella posizione yoga del fiore di loto, cogli occhi chiusi, le mani al centro del petto e ci ha trasmesso questa energia positiva tramite la forza del pensiero. È fantastico come questa sia una fonte inesauribile. Quasi tutti abbiamo percepito un forte calore tra le mani ed una leggera spinta verso l’esterno. Come se qualcosa lievitasse.
Ora capisco i cristiani, quando dicono che, anche in punto di morte, l’importante è perdonare, ma farlo col cuore, sinceramente.
Solo così non ti porterai nelle prossime vite questo fardello, questo debito karmico.
La cosa importante, comunque, è avere la possibilità di rivivere i momenti cardine per affrontare le sensazioni irrisolte.
In fondo, questo è solo quello in cui credo in base alla mia esperienza.
Incito tutti a trovare la propria strada con lo stesso metodo.

THIS IS MY OWN RELIGION – FEEL FREE TO BE YOURSELF